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Crisi nelle comunità residenziali: carenza di educatori o condizioni di lavoro inaccettabili?

Leggiamo con preoccupazione i dati relativi alla carenza di educatori professionali socio-pedagogici nei servizi socio-educativi, in modo particolare nelle comunità di accoglienza per minori di alcune Regioni nel nord. Ci sembra ragionevole ed importante contribuire al dibattito che, ancora una volta, si qualifica nella sua consueta veste emergenziale. 

Gli attori politici e gli enti locali sono chiamati, in questa sede, a fornire risposte concrete in ordine ad una delle molteplici fragilità del nostro sistema di sussidiarietà sociale: la totale assenza di investimenti finanziari in figure professionali specialistiche di ambito educativo e pedagogico. 

Le questioni che si stagliano sulla prospettiva della valorizzazione e dello sviluppo professionale di educatori e pedagogisti sono molteplici, ma riconducibili ad una bisettrice fondamentale: la mancanza di un’intenzionalità organica, da parte delle rappresentanze istituzionali e politiche, a discutere, confrontarsi, ragionare e progettare congiuntamente azioni volte a rigenerare il tessuto educativo e sociale della nostra comunità. 

La controversa logica degli appalti è divenuta ormai insostenibile tanto per la parte datoriale del Terzo settore, quanto per i professionisti che ne subiscono le ingiuste conseguenze sul piano dei diritti salariali e della tutela ad una progettualità di vita individuale, familiare ed esistenziale. 

Vi sono garanzie irrinunciabili che nessuna volontà politica dovrebbe poter mettere in discussione, ed una di queste riguarda il diritto alla crescita pedagogica nell’orizzonte di un progetto di vita pensato, voluto, realizzato. 

L’accompagnamento, la consulenza, il sostegno tecnico che pedagogisti ed educatori professionali socio-pedagogici, offrono quotidianamente non possono rappresentare un’utilità marginale per la nostra Repubblica. Né tantomeno è lecito pensare che nel giro di pochi anni rientreranno completamente i bisogni educativi della cittadinanza, motivo per il quale si ritiene inopportuno l’inserimento in pianta organica di professionisti pedagogici presso enti locali, scuole, servizi sociali e socio-sanitari territoriali, come collaboratori diretti o dipendenti.   

Stante le premesse, FederPed, intende ribadire la piena disponibilità ad incontrare e collaborare con tutti i soggetti istituzionali interessati a farsi carico di una progettazione concreta e a lungo termine intorno ai temi che interessano le nostre categorie professionali.

Tuttavia come Federazione di associazioni professionali teniamo a ribadire alcuni aspetti che ci sembrano altrettanto urgenti e degni di riflessione da parte di tutti gli stakeholders coinvolti. Essi vanno nell’ordine di precisare che:  

  1. la questione della carenza di figure educative nei servizi riportati dalla cronaca locale, non è un problema di numeri di laureati nei CdL L19, ma principalmente di condizioni contrattuali e retributive ben al di sotto della media del mercato del lavoro italiano. Il lavoro educativo, nonostante i dati, gli allarmi e gli appelli relativi alla crescita esponenziale di casi di povertà assoluta, relativa e educativa dei minori, continua a non ricevere il giusto riconoscimento sociale ed economico. Questa precarietà attanaglia da decenni colleghi e colleghe che si vedono per tali ragioni costretti a preferire altre opportunità professionali più stabili e meglio garantite, magari in altro settore occupazionale diverso da quelli di conseguimento del titolo di studio universitario;
  2. pur comprendendo la situazione di emergenza in cui si trovano le strutture, riteniamo indispensabile che non si deroghi alla qualità dell’offerta dei servizi, introducendo figure poco preparate, dai volontari ai vigilanti, che potrebbero trovarsi a gestire situazioni complesse senza strumenti professionali, mettendo a rischio la sicurezza dei minori accolti e anche la propria. Fallendo di fatto il principio valoriale da cui l’esistenza del servizio stesso deriva;
  3. l’esplosione di questo fenomeno è un indicatore di quanto profonda sia la crisi del settore e della necessità di applicarsi a un deciso ripensamento della quantità e della qualità delle risorse che vengono investite nel sociale a livello governativo. Si tratta di garantire, come accennato, la stabilità e la continuità di livelli minimi di assistenza socio-educativa con finanziamenti importanti, strutturali e non estemporanea, nel medio-lungo periodo.

Per avviare un confronto serio ed efficace su questi temi servono insomma intelligenza collettiva e intenzionalità co-costruttiva. FederPed, intende richiamare l’attenzione di organi politici e istituzioni affinché si intervenga con la massima solerzia possibile sulla questione, avendo ben presente che la risposta adeguata non potrà certamente comprendere un gioco al ribasso delle qualifiche professionali per assecondare il disinvestimento politico nel settore sociale ed educativo.